Si può fare, sposarsi a 20 anni

by Alescanca,
Si può fare, sposarsi a 20 anni

É possibile sposarsi a 20 anni? Come si fa a non saltare le tappe? Mi sono persa tutti i divertimenti?

Avevo da poco compiuto 19 anni quando Francesco, in una sera d’inverno, con la pizza al taglio in mano nella mitica Fiesta ribassata (anche essa adolescente, 17 anni) mi chiese di sposarlo.

Erano passati alcuni mesi da una telefonata superlitigiosa fatta da una cabina telefonica di Assisi dopo uno dei tanti colloqui fatti con padre Giovanni Marini. Il messaggio era chiaro:

- Siete pronti! Il cammino di discernimento é finito. La cosa funziona. Mi serve solo la data.

- Ma Giovanni… ma cosa stai dicendo? Ma come ti viene in mente? Io ho solo 18 anni! Mi sono appena iscritta all’università, come si può pensare una cosa simile?

- Io non ho più niente da dirvi. Siete venuti qui per fare un discernimento e il discernimento é finito. Ci vediamo la prossima volta con la data. Badate bene: non oltre il 4 ottobre!

- Ma… ma… io…

- Su donzella, vai via. Ci vediamo presto.

Se fino al quel momento pensavo che p. Giovanni era un frate pazzo, adesso ne avevo piena conferma.

Confusa e stravolta, chiamai Francesco per raccontargli tutto. Si arrabbiò tantissimo! e litigammo. Per quanto anch’io fossi in disaccordo con le parole di p. Giovanni non mi fece di certo piacere la reazione di Francesco. Certo é che da quel momento le cose cambiarono e cominciammo a stare per la prima volta davanti a delle domande importanti.

- Ma tu con me che vuoi fare? Perché stiamo insieme? Siamo in cammino verso cosa? Qual’é l’obiettivo? E io cosa volevo da questa relazione?

Le mie energie erano tutte proiettate all’università, agli esami. Mi ero da poco trasferita a Roma e volevo esplorare la mia vita da studentessa squattrinata libera e felice. Francesco, sí, era molto importante, ma… troppo presto. In fondo che fretta c’era? Queste domande però esigevano delle risposte. Sulla nostra storia le idee chiare ce l’avevo, facevo sul serio, non volevo la storiella col sottotitolo “finché stiamo bene insieme”; io pensavo che lui era l’unica persona con cui davvero valesse la pena spendersi, lui si che era un uomo e non un ragazzino.

Quando Francesco mi chiese di sposarlo risposi due cose: la prima fu “Ma io veramente volevo solo chiarire che intenzioni avevi con me, non volevo arrivare fino a questo punto adesso”; la seconda fu “… SI”. Il problema é che quando rispondi a quelle domande il tuo cuore non trova più nessuna giustificazione, é irrefrenabile. Arrivi a toccare una gioia da Dio, tocchi la Bellezza dell’infinito con le tue mani. Davanti a tutto questo cos’é un esame? Quanto vale quel “divertiti finché sei giovane, c’é sempre tempo per costruire una famiglia”. Sono illusioni. False gioie rispetto a quella di dire SI alla pienezza della vita, al fare centro. Io non lo so spiegare, non sono una scrittrice, ma so che quando trovi un tesoro vendi tutti i tuoi averi per comprare quel terreno dove il tesoro é nascosto senza pensare minimamente a quello che lasci perché in confronto é poca cosa. Ma quale saltare le tappe? Ma quale divertimento perso? Qui c’é una pienezza da non farsi scappare e prima l’acchiappi più la vivi.

Non dimentico mai quanti anni ho, infatti faccio l’università, quando posso, organizzo serate con le amiche, scrivo cavolate su facebook, non mi piace rattoppare calzini e ascolto la musica da youtube. Certo a volte é pesante stare a casa con i bambini, soprattutto se, come in questa settimana, ti svegliano continuamente di notte per un dannato dentino; ma questa difficoltà é la stessa anche a quarant’anni.

Sono felice di aver scelto il matrimonio come prima cosa. Sono felice di aver dedicato le mie energie, le migliori, quelle della giovinezza, per Francesco e i nostri tre monelli; e poi il dosaggio elevato di incoscienza che ci ha permesso di avventurarci per l’Europa senza pensarci troppo (da Zurigo, a Strasburgo fino a Friburgo); ma soprattutto sento la gioia di aver ascoltato quella chiamata fuori schema, nonostante le tante difficoltà. Il risultato é stato trovarsi a ventisette anni con tre pupi, la maglietta perennemente sporca di rigurgitino e, finalmente, prossima alla laurea. Non mi sono trovata male, anzi ne vado fiera. Non ho sentito nessuna privazione.

Abbiamo scoperto che il modo speciale in cui Dio ci voleva amare passava per questa avventura. Un’avventura che non avremmo mai scelto da noi. Abbiamo ricevuto un annuncio e ci abbiamo scommesso su.

P.S. Ci siamo sposati il 3 ottobre di quello stesso anno, due giovincelli, diciannove e ventisette anni.


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