Perché proprio noi
Voglio subito premettere che abbiamo una grande invidia per gli uomini di buona volontá che mettono a disposizione il loro tempo e le loro energie per il bene altrui in tutte le sue forme di volontariato. Io e Francesco siamo troppo egoisti per questo. Ogni volta che recito nel Gloria “beati gli uomini di buona volontá” mi sento un pizzico perché io non ne ho tanta. Per altro, “abito in parrocchia” (come diceva sempre mia mamma) da quando avevo undici anni, quindi non ho proprio nessuna scusa. Quello per cui oggi spendiamo la nostra vita è un’avventura che nasce dal desiderio profondo di dire grazie a Dio e alla Sua chiesa che ci ha annunciato la bellezza di vivere una vita piena partendo dalle fondamenta di un’affettivitá rifiorita.
Se c’è qualcuno che non ci conosce spesso è portato a pensare che siamo bravi. Mi fa davvero piacere, ma non è cosí. Mi piacerebbe dirlo per umiltá, ma invece è una semplice constatazione. Quello che noi viviamo è piuttosto questo: avete presente la maestra a scuola che si mette accanto i bambini piú delinquenti? Lo fa perché altrimenti i pasticci si moltiplicano e, per tenerli bene d’occhio, se li mette a fianco sotto stretto controllo. Ecco, noi siamo quei bambini che stavamo facendo talmente tanti disastri che il Signore ci ha dovuto chiamare a lasciare tutto per stare piú vicino a Lui, altrimenti a quest’ora non so proprio dove eravamo. Basti immaginare che la crisi del settimo anno noi l’avevamo giá vissuta al terzo e che ancora non riusciamo a decidere come due persone civili come appendere le foto in soggiorno (mio marito è insopportabile!).
Mi consola pensare a san Francesco che era un superficiale tutto dedito alle feste e all’apparenza, pensava solo a farsi un nome. Dio, per salvarlo da tanta vuotaggine, gli ha chiesto di rinunciare proprio a tutto, neanche le scarpe ai piedi poteva avere. La chiamata all’estrema povertá era l’unico modo per dirigere il suo cuore solo in Dio. Per gli altri santi questo non è stato necessario perché non erano legati alle cose cosí tanto come lui. Insomma Dio, per salvarci dalla nostra piccolezza e darci la pienezza che solo in Lui si trova, ci chiama a rinunciare alle cose che distolgono il nostro cuore dalla vera gioia.
Un desiderio, una chiamata
Sin da fidanzati abbiamo avuto il desiderio di “restituire” quanto avevamo ricevuto. Il cammino con padre Giovanni ad Assisi e l’incontro con una famiglia davvero speciale (Marusca e Lorenzo Gusmini) ci hanno cambiato la prospettiva della vita facendoci incontrare la concretezza della fede vissuta nella veritá e nella gioia piú profonda che possa esistere, quella che va al di lá delle difficoltá oggettive e quotidiane.
Il nostro desiderio si è incontrato con una chiamata, ma prima di questo idillio che ci ha stravolto la vita siamo passati da crisi tremende e da deserti lunghi e amari. Insomma questo desiderio di accogliere coppie e ragazzi come noi eravamo stati accolti non si realizzava mai nella vita concreta, anzi, piú lo desideravamo e piú la vita quotidiana e la nostra relazione andava a rotoli. Gli anni passavano e noi, da poco trasferiti in Francia pieni di mille aspettative, sprofondavamo in una delle crisi piú difficili della nostra relazione. Anche nella relazione con Dio vivevamo un deserto incredibile. Ormai quel desiderio di essere a servizio degli altri era sopraffatto dal riuscire a rimanere in piedi. L’unica cosa che chiedevamo era “Signore toglici da questa situazione e facci ritornare in Italia dove almeno abbiamo la nostra parrocchia e i nostri amici”.
In questo anno e mezzo la parola di Dio ci diceva sempre la stessa cosa in tutti i modi possibili: perseverate! Questa parola ci teneva fermi lí in quella crisi a tutto tondo dove tutto andava male (il lavoro che doveva essere la svolta lavorativa, la realtá francese deludente, la chiesa senza il minimo rispetto dei valori cristiani, la fatica di passare le giornate tra un pannolino taglia 3 e un altro taglia 5).
Questa crisi prende una svolta grazie ad un dubbio nel mio cuore: “E se fosse una grazia?”. Di fede non ne rimaneva piú tanta, ma questa domanda ronzava nella mia testa. La diceva don Fabio a messa una domenica parlando di situazioni assurde e la mia lo era. Spesso si ha l’impressione che se facciamo entrare il Signore nella nostra vita tutto andrá bene. Non è proprio cosí. Il Signore non ci toglie le difficoltá, non ci toglie le fatiche, le malattie, le crisi matrimoniali e neanche i figli adolescenti (!!!). Il Signore vuole che diventiamo uomini/donne e quindi non ci toglie la fatica di farlo, anzi ci dona le occasioni per poter camminare sempre piú in alto e questo costa fatica e sudore. Per noi quella crisi e quel deserto sono state la piú grande benedizione del nostro matrimonio. In quel momento non lo avremmo mai detto. Era un miracolo riuscire a cenare seduti allo stesso tavolo e riuscire a dire una parola, ma oggi possiamo dirlo. È stata l’occasione in cui Dio, attraverso i difetti orribili dell’altro, ha toccato le nostre ferite piú dolorose e ci dato la possibilitá di metterci mano chiaramente con l’aiuto degli altri.
Le situazioni esterne non sono cambiate, ma dopo tanto lavoro quella crisi, che ci stava portando sulla soglia di una separazione, ci ha resi una coppia piú salda e piú forte. Piano piano ci siamo rimessi in cammino in cui non cercavamo di rimanere a galla, ma riprendevamo a guardare in alto. Rileggendo il vangelo del nostro matrimonio ci accorgiamo che questo vangelo raccontava proprio quello che stavamo vivendo… incredibile!
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore». Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.Lc 5, 4-11
Prima abbiamo iniziato la nostra storia pescando di giorno, in un modo un po’ strano. Poi abbiamo sperimentato tanta provvidenza, tanto amore dalla chiesa, dagli incontri avuti, dalle occasioni. Poi la crisi in cui ti senti davvero uno schifo e scopri che anche l’uomo che hai sposato non è proprio un santo disceso dal cielo e urli “allontanati da me Signore che sono peccatore”. E poi arriva quella parola che non ti fa dormire la notte: “Sarai pescatore di uomini”. Il Signore ci fará pescatore di uomini… e che vuol dire? Signore ma che dici? Noi siamo una famiglia, non siamo sacerdoti, non abbiamo studiato teologia, non sappiamo parlare e poi ci eravamo da poco trasferiti in Germania dove non capivamo neanche una parola. Quella parola non ci faceva dormire la notte.
Cosa è successo
Abbiamo vissuto in diverse nazioni perché Francesco era ricercatore all’universitá. Erano anni peró che diceva che quel lavoro non era il punto. Anni in cui piú riscuoteva successo nella sua carriera e piú non si sentiva al posto giusto; fino a quando, diventato ufficialmente professore universitario in fisica, eravamo arrivati al punto in cui eravamo in ansia quando applicava per una cattedra a tempo indeterminato: “Ale stavolta scelgono me. Sono il piú giovane e ho piú pubblicazioni di tutti… speriamo di no”. Il nostro cuore era tutto da un’altra parte, ma non sapevamo concretamente come il Signore voleva realizzare questa chiamata di diventare pescatori di uomini.
In tutto questo trambusto spirituale succedono mille cose: la gravidanza di Samuele, una gamba rotta che costringe Francesco a stare a casa due mesi, un tirocinio faticoso per me proprio con il pancione e il marito di cui prendersi cura, un incidente con la macchina, insomma ne succedeva una al giorno. Ma un giorno successe la cosa che diede risposta a quel turbamento che avevamo nel cuore e tutto diventa chiaro: muore Chiara Corbella.
Noi non l’abbiamo mai conosciuta personalmente, ma lei ed Enrico hanno cominciato a frequentare la nostra parrocchia quando noi siamo partiti per la Francia, quindi erano amici dei nostri amici. Chiara muore urlando al mondo che non è importante quanto vivi, ma come vivi. Il punto non è arrivare a diventare finalmente professore all’universitá, ma se vivi una vita piena.
Francesco si occupava nella sua ricerca di Alzheimer e altre malattie. Cosa nobilissima. Ma c’era sempre un peró nel suo cuore. Con la morte di Chiara riusciamo a dare un nome a quel peró: “Se con tutto il mio impegno, la mia intelligenza e la mia ricerca riesco a far vivere dieci anni di piú una persona ne sarei felice, ma se spendessi le mie energie perché quella persona viva una vita piena credo ne varrebbe molto di piú la pena” diceva Francesco. Insomma, se cambi dieci anni in piú e rimani quello che sei continuando a vivere una vita vuota a cosa serve? Meglio vivere in pienezza la tua vita indipendentemente da quanti anni vivrai. Da quel momento “tirate le barche a terra lasciarono tutto e lo seguirono”, ovvero Francesco non riusciva a pensare ad altro se non a concludere i lavori aperti e le responsabilitá che aveva.
Il blog, i corsi e le foto ai matrimoni
In tutto questo trambusto di risposte e incertezze padre Giovanni ci chiede di fare una testimonianza a conclusione del corso fidanzati. Noi due? Appena usciti da una crisi devastante, con tutte le domande di non capire cosa ci sta chiedendo il Signore? Ma padre Giovanni insisteva e non ce la siamo sentita di dire di no. Lí abbiamo sperimentato quel vangelo che nel segreto di una sera in Porziuncola, con una luce tenuta viva da una candela su quell’altare piccolissimo, ci lesse fra Massimo mentre ci promettevamo sposi scambiandoci un anello
Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci». Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.Mc 6, 35-44
Questo vangelo non ci aveva mai colpito e non c’entrava niente con la nostra storia. Fra Massimo di disse: “Non aspettate di essere pronti, date voi stessi da mangiare”. Quella sera, dopo aver condiviso quel poco che era la nostra esperienza con il Signore con tutti quei ragazzi del corso abbiamo visto con i nostri occhi e capito quella parola: condividendo quel poco che avevamo Dio faceva miracoli, moltiplicava a dismisura; quelle parole semplici di condivisione in realtá arrivavano all’orecchio degli altri come risposte, come veritá tanto cercate, come incoraggiamento, come liberazione da aspettative. Non abbiamo parole per descrivere i miracoli che abbiamo visto che il Signore compieva. Caspita, questi sono i 5pani2pesci!
Molti ragazzi (erano piú di 700) ci chiedevano di approfondire certe tematiche, di poter parlare con noi di alcune cose in particolare, ma non c’era il tempo materiale per farlo. L’unico modo per rispondere a queste richieste era mettere on line questi “approfondimenti” quindi nasce il blog che in pochissimi mesi diventa molto conosciuto e letto. Non sappiamo spiegare bene come sia possibile, ma è successo proprio cosí.
Ogni giorno ricevevamo tante mail, tanti commenti, tante richieste d’aiuto e, senza accorgercene, ci siamo ritrovati ad essere a servizio di ragazzi e di coppie. La cosa è diventata impegnativa perché tutto questo richiedeva ogni giorno piú tempo e piú energie. Non riuscivano sia a lavorare che a seguire questo progetto che cresceva sempre di piú, ma ci sentivamo a posto nostro. Ad un certo punto abbiamo dovuto fare una scelta. Entrambe le cose erano incompatibili. Era assurdo, non si capiva ancora bene come avremmo pagato quei mille euro di affitto tutti i mesi, ma la strada ci sembrava proprio quella giusta. Il Signore aveva ascoltato le nostre preghiere di metterci a servizio, ma adesso stava compiendo le Sue promesse di gran lunga piú grandi di farci pescatori di uomini. Abbiamo iniziato un cammino di discernimento perché ogni cosa deve essere chiara e avevamo il timore che fosse solo un entusiasmo e una follia. È stato come fare un salto da una scogliera, un fidarsi senza capire tutto. Piano piano lasciammo tutto, tirammo le barche a terra e lo seguimmo per questa avventura che non sappiamo dove ci porterá. Spero solo che non diventiamo mai bravi e che il Signore ci tenga sempre vicino a Lui. Le incertezze e le paure insite in ogni avventura sono tante, ma la gioia di una vita piena non si puó paragonare a niente.
Oggi la nostra vita è tutta dedicata a questo. Siamo una famiglia qualsiasi con il quarto figlio in arrivo e tanti incastri relazionali da risolvere, ma siamo anche felici, seriamente felici di essere a servizio. Per sostenerci facciamo le foto ai matrimoni, ma come prioritá giriamo l’Italia e il mondo per fare incontri e corsi sull’affettivitá perché quello che ci rende tanto felici è vivere a pieno il progetto di Dio nella massima libertá.
Se vuoi organizzare un corso nella tua cittá contattaci, siamo felici di poter vedere l’opera di Dio attraverso due giorni intensi di condivisione.
Per concludere
Non fate una famiglia come la nostra. La gioia piena non è nel copia e incolla, ma nel realizzare il progetto di Dio su di te, su di voi perché Dio ci ha fatti unici e fichissimi. Per capire questo progetto bisogna ascoltare (i nostri corsi hanno proprio questo obiettivo, sono un tempo di ascolto per ricevere strumenti) e iniziare un cammino di discernimento accompagnati da una guida spirituale.
☕ OFFRI UN CAFFÈ A 5PANI2PESCI!
Unisciti a migliaia di ragazzi che ci stanno aiutando a portare avanti questo progetto.
👉 Senza di te non si può fare.